In occasione della ricorrenza del centocinquantesimo anniversario dell’unificazione italiana varrebbe la pena per tutti noi italiani leggere il pregevole libro del cardinale Giacomo Biffi L’unità d’Italia. Questi ricorda un pensiero di Dostoevskij del lontano 1877:
L’Italia porta con sé da duemila anni un’idea di grandezza, reale, organica: l’idea di una idea generale dei popoli del mondo, che fu di Roma e poi dei papi. Il popolo italiano si sente depositario di un’idea universale e chi non lo sa non lo intuisce. L’arte e la scienza italiana sono piene di quella idea grande.
La peculiarità dell’Italia risiede nella sua universalità. Del resto già Dante nel VI Canto del Purgatorio laddove in toni polemici si scaglia contro il suo paese con queste parole
Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di province, ma bordello!
ricorda poi come la nostra sia la patria sia dell’Impero che del Papato. A parte gli strali scagliati contro la corruzione e la inadeguatezza dei potenti non pochi sono gli entusiasmi del Fiorentino nei confronti della sua terra, «il bel paese dove il sì suona», il bel giardino d’Europa. L’Italia c’è, eccome c’è, già all’epoca di Dante (1265-1321), ma già prima quando nel 1224 san Francesco d’Assisi scriveva quel «Cantico delle creature» che avrebbe poi rappresentato l’inizio della letteratura italiana.