Carissimi ragazzi,
Vi vorrei salutare con affetto augurandomi di aver saputo essere in qualche modo per voi un maestro, cioè di aver cercato di indicarvi il Bene, il Bello, il Buono, il Giusto nella vita. Si è infatti maestri quando non si indica sé come punto di riferimento, ma si indica quel Bello che è insieme Buono e Vero. Nella conclusione de I promessi sposi alla prova di Testori il maestro lascia andare i suoi allievi auspicando che possano ora loro creare nuove compagnie, diventare a loro volta maestri. Così come nella parabola esistenziale il figlio diventa a tempo opportuno padre, allo stesso modo l’allievo diventerà maestro se avrà saputo, a tempo debito, essere pienamente allievo. Ecco allora il congedo del maestro: «Cari, cari ragazzi!! […] ecco, ovunque, sull’immensità sterminata della terra, può nascere, sempre, qualcosa come un chiarore, una luce, un’alba… Non solo a voi, ma a tutti, cosa si può dire… se non che, superata questa lunghissima prova, potete andar pel mondo, costruire altrettante compagnie, diventar, ecco, voi stessi maestri… Ve n’è bisogno». Siate voi ovunque strumento di creazione di un luogo di nuova umanità, grazie al vero e al bello che avete avuto modo di incontrare. Questo primo augurio si unisce ad altri che vorrei consegnarvi.