Nell’incontro con il cardinale l’Innominato scopre di avere un’anima buona, che anche il suo cuore desidera il bene, nonostante tutte le azioni scellerate che ha compiuto:
io mi conosco ora, comprendo chi sono; le mie iniquità mi stanno davanti; ho ribrezzo di me stesso; eppure…! eppure provo un refrigerio, una gioia, sì una gioia, quale non ho provata mai in tutta questa mia orribile vita!
L’Innominato trova una figura che gli è padre, maestro e lo desidera salvo. Da dove proviene la certezza del cardinale? Dal fatto che lui stesso ha provato e prova quotidianamente l’esperienza di essere perdonato.
Per questa ragione l’Innominato può solo ora davvero pronunciare il proprio nome. In quell’abbraccio amoroso l’Innominato desidera essere migliore, ha vergogna dei propri mali, ma non si ferma allo scandalo, anzi sente un refrigerio e una consolazione non sperimentata prima. Non si è sentito giudicato dal cardinale, ma amato. Il peccato non è più per lui un macigno che grava sulla sua testa mandandolo a fondo, come nelle notti di solitudine, ma si tramuta in coscienza del peccato e in desiderio di cambiamento.
L’Innominato ha già la possibilità di redimersi e di cambiare vita: lo stesso progetto di male a cui ha aderito (il rapimento di Lucia) rappresenta l’occasione per avviare un’opera di bene e offrire alla giovane un’ospitalità che la ponga al riparo dalle angherie di don Rodrigo. L’uomo nuovo, quell’Innominato che ha compreso che anche lui può aderire ad una proposta buona, ha vinto sull’uomo vecchio. D’ora innanzi inizierà una vita nuova per l’Innominato.