Nel 1951 Gilbert Cesbron (1913-1979) scrive il testo teatrale È mezzanotte, Dottor Schweitzer. Teologo protestante e musicista, partito missionario per l’Africa, Albert Schweitzer è tutto animato da questo desiderio che la sua vita sia ben vissuta tanto che ha modo di scrivere: «Una vita va spesa e vorrei che la mia fosse spesa, e poi spesa bene».
Nell’opera di Cesbron diventa il protagonista di una vicenda ambientata nel 1914, dopo lo scoppio della Prima guerra mondiale, nella giungla vicino a Lambaréné nel Congo francese. Già nel primo atto Schweitzer appare in tutta la sua tenacia e laboriosità indefessa. Ha rinunciato a tutto, ad una splendida carriera di musicista, alla professione di chirurgo, ai soldi, alla famiglia. Giunto in Africa per guarire gli ammalati e per far costruire ospedali, sta sacrificando la sua vita, ma non è felice. A Maria, sua aiutante infermiera, di notte confida: «Siamo in piena notte, in piena boscaglia e soli, però non esito a confidarle questa verità che ho messo tanti anni ad accettare: la felicità non esiste… Ma se lei è degna di questa felicità, capisce allora che non ne ha diritto: che deve assumere una parte del fardello del dolore umano… Allora, si abbandona la felicità e si sceglie la gioia». Rendendosi conto che non è cambiato quasi nulla negli anni trascorsi, il dottore si sente sconfitto.