RADIO MARIA. Giovedì 22 luglio 2021 ore 10:30. I PROMESSI SPOSI E IL SUGO DELLA STORIA.
L’UMORISMO DI DON ABBONDIO
Figura abitudinaria, il curato recita “tranquillamente il suo ufizio” tenendo le mani dietro la schiena e procedendo lentamente. Apre e chiude il breviario, tenendo il segno con l’indice della mano destra, calcia i ciottoli che incontra lungo la via, alza e abbassa lo sguardo come per guardare circospetto se ci siano novità.
In maniera simbolica la strada che percorre quella sera del 7 novembre 1628 è diritta fino ad un certo punto, quando si biforca in due, come a significare che nella vita ci sono momenti in cui è inevitabile dover prendere decisioni.
Proprio nel punto in cui la strada si biforca in due si trova una piccola cappella con rappresentazioni delle fiamme dell’Inferno e del Purgatorio.
La descrizione degli atti esteriori serve a Manzoni per rappresentare l’interiorità del personaggio, il suo carattere. Don Abbondio desidera una vita sempre piana, diritta, senza impacci e impicci; pigro e chiuso nell’animo, non si stupisce delle meraviglie che ha attorno, ma procede rinchiuso nella sua grettezza.
Il curato non è «nato con un cuore di leone», ci avverte subito il narratore, trovandosi come un «vaso di terracotta in mezzo a vasi di ferro». Rigido censore di chi non si comporta come lui, è convinto sostenitore della tesi che «a un galantuomo che si fa i fatti suoi, non capitano cattivi incontri». Prete non certo per vocazione, ma per convenienza, si è costruito una filosofia di vita improntata sull’evitare “i contrasti, e nel cedere, in quelli che non poteva scansare. La sua posizione è di “neutralità disarmata” di fronte alle guerre che scoppiano davanti a lui.
La sera del 7 novembre, però, la realtà ribalta le sue convinzioni demolendo il fortino che ha innalzato per vivere tranquillo e non incorrere in pericoli. Proprio lui, che ha sempre badato a non infastidire i potenti, che ha sempre difeso don Rodrigo dalle accuse di essere un sopraffattore, fa l’amara scoperta che esistono imprevisti che stravolgono le nostre certezze sull’esistenza distruggendo le tane e i nascondigli più reconditi. La filosofia di vita che don Abbondio si è creato, impostata sull’idea che a un galantuomo che si faccia gli affari suoi non possano accadere cattivi incontri, si dimostra fallace e inconsistente dinanzi agli imprevisti della vita.