altA vederlo (nell’unica fotografia che la Storia ci ha consegnato) sembra un tipo piuttosto basso e gracile, di quelli che “non potrebbero far male a una mosca”. Eppure era forte, solido Come una quercia. Rolando Rivi era un seminarista emiliano, morto martire a quattordici anni. Venne ucciso da un partigiano comunista tra i boschi dell’Emilia Romagna, il 13 aprile 1945. Il 5 ottobre di due anni fa la Chiesa Cattolica lo ha iscritto nel registro dei beati.

Se chiedete a suo cugino Sergio chi era Rolando, vi risponde così: “un ragazzo normale”. Rivi lo era. Un ragazzo normale innamorato di Gesù. Ne sono prova i tanti episodi della sua vita. Anche quando la madre gli diceva: “Rolando, togliti la talare, è pericoloso” (all’epoca della resistenza le ritorsioni contro i preti accusati di connivenza con il fascismo erano frequenti), lui le rispondeva, candido: “Mamma non posso, è il segno che sono di Gesù. Non faccio male a nessuno”. Di male non ne fece, in effetti, quell’abito però gli costò l’accusa di essere proprio una spia del regime, e per questo venne giustiziato sommariamente da una brigata di partigiani comunisti.

Il regista e attore Davide Giandrini con Daniele Bentivegna portano finalmente la sua storia a teatro. “Come una quercia”, appunto. “Che non è un santino”, tiene a specificare Giandrini, ma la storia di un santo che si è abbandonato completamente tra le braccia del Padre. Un’ora di spettacolo accompagnata dalle musiche del compositore polacco Zbigniev Preisner, e alcune video interviste a Sergio Rivi, cugino di Rolando. Mons. Massimo Camisasca, vescovo di Ferrara, quando ha visto il lavoro, ha detto subito: “Bisogna farlo conoscere”.