I favori non richiesti spesso sono sgraditi. Figuriamoci se per farti un favore ti ammazzano. Questa è la bella pensata della Società belga di terapia intensiva la quale, in documento dal titolo Piece of mind: end of life in the intensive care unit statement del febbraio scorso, propone l’eutanasia del paziente anche senza consenso di questi. L’idea nasce dal fatto che – secondo questi sedicenti dottori – sono poche le persone che chiedono di morire in Belgio, meno dell’1%, anche se sono ormai moribonde. Richiamando un loro precedente documento dichiarano che “non è solo accettabile, ma necessario interrompere il trattamento attivo in alcuni pazienti che arrivano, irreversibilmente, alla fine della loro vita”. Perché dunque temporeggiare e non anticipare un evento che è inevitabile? Immemori che “quell’evento” è per noi tutti inevitabile, la Società in prima battuta chiarisce un criterio “etico” che deve guidare l’operato del discepolo di Ippocrate: “terapie che agiscono esclusivamente per prolungare artificialmente la vita non devono essere iniziate o devono essere interrotte”. A rigore tutte le terapie salvavita – chemioterapia, bypass cardiaci etc. – prolungano artificialmente la vita. Ma forse sono solo sottigliezze linguistiche.