Croce di SestinoLo conoscono in pochi questo paesino sperduto tra gli Appeninni, proprio sotto il Sasso Simone e Simoncello, dove la parte marchigiana del Montefeltro, confina con la Toscana. Si chiama Sestino ed era la sesta provincia romana, la più vicina al Mare Adriatico. Qui, oltre a un museo che raccoglie i resti dell’antica provincia romana, si possono ammirare due crocefissi di scuola (giottesca) riminese. 

Entri nella pieve di san Pancrazio e non puoi fare a meno di sollevare lo sguardo. Nel catino absidale pende una croce dipinta bellissima e maestosa, carica di simbologia. Forse unica nel suo genere.

Il Cristo maestoso e bianchissimo adagia le braccia sulla croce come per raggiungere i confini della terra. Le trafitture dei chiodi gettano rigoli di sangue e i piedi sono inchiodati insieme e non separatamente, com’era d’uso nei crocefissi fino all’XI secolo. Questo è già il Christus Patiens col volto dolente e gli occhi chiusi. Dal suo fianco ferito zampillano sette rigagnoli di sangue che cadono idealmente sopra l’altare sottostante. Gli altri due rigagnoli di sangue corrono lungo il corpo del Salvatore. Questa ferita è la sorgente dei sette sacramenti e del comandamento nuovo dato da Gesù ai suoi (l’amore a Dio e l’amore al prossimo). Da qui nasce la nuova Eva, la Chiesa, simboleggiata dalla Madonna e da San Giovanni che si trovano nei terminali del braccio orizzontale della croce. Ma quello che più sorprende è il simbolo del pellicano che campeggia proprio sopra il capo di Cristo, tra la scritta INRI e la cimasa.