Poi nell’esperienza dell’università rimase colpita dalla conversione di alcuni studenti come lei. La conversione per lei fu un processo quasi immediato: entrò in una biblioteca e vide un libro di Santa Teresa D’Avila. Si racconta che lo lesse tutto in una notte e finalmente comprese: “Qui c’è la verità”. Si fece battezzare nella notte di Natale ed entrando nella chiesa vide Gesù crocifisso e per la prima volta si sentì parte di questa storia. Anche Gesù ha la faccia da ebreo, ma ha dato il suo sangue per questo suo popolo.

Il resto è storia: dopo la conversione Edith divenne monaca di clausura, quando ci fu la notte dei cristalli in cui gli ebrei vengono decimati per le strade chiede di aprire i cancelli per far entrare i fratelli, ma è obbligata a scappare in Olanda dove nel frattempo i vescovi avevano scritto una durissima lettera contro Hitler. A quel punto si prese la decisione di rastrellare anche gli ebrei convertiti al cristianesimo. Venne portata ad Auschiwitz e lì morì, probabilmente nelle camere a gas, che erano state appena attivate oppure con l’ossido di carbonio dei camion. Morì cantando una lode a Dio».

Sarà dunque la dimensione teatrale a dare voce e corpo alla ricerca di Edith, una ricerca che il teatro permette di rappresentare plasticamente nonostante oggi sia sempre più difficile l’arte del racconto. «Il teatro contemporaneo tende a morire perché è sradicato dal tessuto e dalla cultura sociale contemporanea – prosegue Moleri -. Le rappresentazioni teatrali parlano al popolo, ma ormai il popolo non c’è più, non c’è più un’identità a cui riferirsi. In questo modo il teatro diventa o terapia o spettacolarità fine a se stessa».

Ecco perché con lo spettacolo su Edith Stein il teatro dell’Aleph sta cercando di ridare quella ritualità che anche il teatro non è più in grado di dare

EDITH STEIN – IL SILENZIO DI DIO
domenica 9 ottobre 
Collegio della Guastalla, Monza, ore 21

(pubblicato su La Nuova Bussola quotidiana del 4-10-2016)