Ricorre quest’anno il ventennale di uno degli episodi più tragici della recente storia umana. Il 7 aprile del 1994 iniziava in Rwanda una carneficina senza precedenti, organizzata e compiuta dagli Hutu, l’etnia al potere, decisi a sterminare la seconda etnia del paese, i Tutsi. Nei 100 giorni successivi da 500.000 a 1.000.000 di persone furono uccise: stando ai dati del censimento svolto dal governo ruandese nel 2001, 937.000, pari a circa il 20% della popolazione. Il numero delle vittime e la ferocia delle stragi sono state tali da aprire nel cuore del continente africano una ferita che ancora non si è rimarginata.
Tutto ebbe inizio il 6 aprile quando l’aereo su cui viaggia il presidente rwandese Juvénal Habyarimana, un Hutu, insieme al presidente del Burundi, Cyprien Ntaryamira, venne abbattuto da un missile pochi minuti prima di atterrare all’aeroporto della capitale Kigali. Insieme alla notizia della morte del presidente, si sparse subito la voce che autori dell’attentato fossero gli estremisti Tutsi.