Quante volte abbiamo sentito in questi anni il ritornello sul rischio di un Medio Oriente senza cristiani? Forse lo abbiamo preso per un’iperbole, una di quelle frasi ad effetto che si dicono esagerando un po’ per attirare l’attenzione. Invece da ieri è cosa fatta non solo a Mosul, ma in una regione molto più ampia del nord dell’Iraq. Dall’altra notte ci sono centomila cristiani in fuga dalla Piana di Ninive, l’ultima enclave rimasta: sono dovuti scappare a piedi, con appena i propri vestiti indosso, in un’area desertica dove il sole picchia a cinquanta gradi. Tutti: anche donne, anziani, malati, bambini. Accomunati nella sorte in queste ore ai yazidi, l’altra minoranza religiosa messa nel mirino dai fondamentalisti islamici dell’Isis, loro in fuga sulle montagne di Sinjar, al confine con la Turchia.
Per gli ultimi cristiani del nord dell’Iraq il dramma si è materializzato alle undici di sera: a Qaraqosh, la maggiore città cristiana della piana di Ninive, con i suoi cinquantamila abitanti, da ore sotto i colpi dei mortai del califfato, il comandante locale delle milizie curde ha comunicato all’arcivescovo che il suo contingente si stava per ritirare da lì e dagli altri villaggi cristiani della zona. La guerra tra gli islamisti e i curdi è ormai a tutto campo e la difesa della piana di Ninive (come ampiamente prevedibile) non rientra tra le priorità dei peshmerga che vedono anche i propri territori minacciati. Così – nel cuore della notte – i cristiani di Qaraqosh si sono ritrovati abbandonati con i miliziani islamisti ormai in città.