altL’8 novembre 1620, presso Praga, l’esercito cattolico sconfisse il nemico luterano nella cosiddetta Battaglia Bianca. Il merito della vittoria, più che alla baldanza dei soldati, fu attribuito all’intercessione della Vergine per il tramite del cappellano delle truppe che sul campo mostrò un’immagine di Maria con il Suo Bambino dalla quale scaturirono raggi dorati che abbagliarono gli avversari, costringendoli alla fuga.  Il padre, un carmelitano scalzo, trasferì solennemente questa icona nella chiesa romana del suo ordine religioso, allora dedicata a San Paolo e da quel momento intitolata a Santa Maria della Vittoria. Il dipinto originale andò perduto nelle fiamme di un incendio e sostituito con una copia oggi nella raggiera al centro dell’altare maggiore.

La facciata della chiesa di Santa Maria della Vittoria, il cui titolo cardinalizio fu eretto da Papa Pio VII nel 1801, fu divisa su due ordini e conclusa da timpano triangolare sulla sommità da Giovanni Battista Soria che per essa scelse di utilizzare il travertino. Il progetto dello spazio interno, perfetto esempio di barocco romano, considerata l’esuberanza di marmi, stucchi e fregi che lo decorano, è firmato dal celebre architetto di origini ticinesi Carlo Maderno. Gian Domenico Cerrini affrescò sulla volta che ricopre l’unica navata Il trionfo della Vergine sulle eresie e, nella calotta della cupola, l’Assunzione di Maria. Per le tre cappelle che si aprono su ciascun lato fu concesso lo jus patronatus a nobili famiglie affinché si impegnassero ad impreziosire il proprio altare. In esse, infatti, si conservano preziose opere d’arte.