Dopo 3 anni e 3 mesi di intensi combattimenti, si è ormai perso il conto del numero dei morti nella guerra civile in Siria. Le stime sostengono che siano compresi fra i 115.000 e i 171.000, ma è impossibile fare una dettagliata conta delle vittime in un conflitto senza fronti, senza eserciti regolari e senza più un governo che possa controllare il Paese, se non in minima parte. C’è tuttavia una vittima importante e grandiosa, di cui si parla (se possibile) ancora meno in questa guerra dimenticata: l’eredità culturale e archeologica della Siria. Migliaia di siti archeologici sono stati danneggiati, distrutti e saccheggiati, così come musei e luoghi di culto.
La Nuova Bussola Quotidiana aveva parlato a suo tempo dell’occupazione e del sacco di Maaloula da parte delle milizie islamiche dei ribelli. Cittadina storica cristiana dove si parla tuttora l’aramaico, è stata danneggiata dai combattimenti e saccheggiata dagli islamisti, che hanno levato le croci alle chiese (e altri oggetti sacri, dentro le chiese) per rivenderle sul mercato nero o distruggerle. «Il destino più triste è toccato a Maaloula – scrive l’archeologa britannica Emma Cunliffe, autrice di “Damage to the Soul” (le ferite dell’anima) rapporto della Global Heritage Fund sui danni inflitti al patrimonio artistico e culturale siriano – (Maaloula, ndr) era un luogo simbolo della tolleranza religiosa per cui la Siria era famosa. Musulmani e cristiani vivevano fianco a fianco, da millenni. Ora questa tolleranza è stata distrutta, assieme alla città e non so nemmeno se possa essere riparata».