«L’unico personaggio letterario espressivo che è identico al 99,9% a quello che noi sentiamo come cristianesimo è Peguy». Lo scrive don Luigi Giussani nel 2002. Già quattro anni prima, nel 1998, il fondatore di Comunione e Liberazione, a proposito del fatto che Cristo è consistenza della realtà, aveva rilevato che lo scrittore e saggista francese su questo «ha delle pagine bellissime, perché in fondo è il problema dell’Incarnazione: noi non possiamo conoscere e metterci in rapporto col Dio vivo e amare il Dio vivo, se non dentro la carne e le ossa delle cose che Lui crea e ci mette davanti».
A 100 anni dalla morte, avvenuta il 5 settembre 1914 durante la prima battaglia della Marna (era partito volontario per il fronte) il Meeting di Rimini dedica a Charles Peguy una mostra che “racconta” la vita e le opere di un intellettuale che «costituisce una voce fondamentale per capire il valore della speranza in un momento storico che ne è quasi privo», come sottolinea Pigi Colognesi, uno dei curatori. La mostra, aperta nei padiglioni della Fiera di Rimini fino al 30 agosto, giorno di chiusura del Meeting, è intitolata “Storia di un’anima carnale”, perché, precisa Colognesi, riconduce «al sublime incastro dell’eterno nel temporale e del temporale nell’eterno». In un “Diaologo” del 1910, ma pubblicato postumo, Peguy scrive che se Cristo non avesse avuto un corpo «cadrebbe tutto… perché non sarebbe affatto uomo, assolutamente. Non sarebbe uomo. Quindi non sarebbe l’uomo Dio; Gesù».