altCelebre è la definizione che Aristotele dà dell’uomo come «animale sociale», ovvero essere che per natura tende ad aggregarsi e a vivere associato, consapevole dei vantaggi e delle convenienze di quello che il filosofo J. J. Rousseau avrebbe poi chiamato il «patto sociale». L’affermazione di Aristotele sottolinea la naturalezza dell’impegno politico, nel senso ampio del termine. L’uomo è per natura portato a giocarsi nella rete di rapporti con i propri simili per affrontare i problemi non da un punto di vista individualistico, ma comunitario.

Molti secoli più tardi Dante avrebbe dato un’altra bellissima definizione dell’impegno politico. Siamo nel canto VI dell’Inferno, laddove Dante incontra tra i golosi il compaesano Ciacco e gli chiede dove siano coloro che «a ben far puoser li ‘ngegni», come Farinata, Arrigo, Mosca. Con la laconicità che lo contraddistingue Ciacco risponde che Dante potrà vederli se scenderà più in basso nell’Inferno, perché essi sono collocati nella parte più bassa. La risposta di Ciacco non vuole senz’altro significare che l’attività politica schiuda di per sé le porte dell’Inferno, ma ribadisce come non basti il «ben far», cioè non è sufficiente dedicare il proprio tempo al vivere associato, occorre che la propria dedizione sia illuminata, occorre una sorta di purificazione dell’agire politico.