Non scevra della dimensione etica, anzi contraddistinta proprio da essa, la bellezza ha, così, un legame profondo con la bontà. Nel dialogo Timeo Platone (427 a. C. – 347 a. C.) sintetizza l’ambizione della cultura greca a definire l’ideale di bellezza:  «Tutto ciò che è buono è bello, e non senza misura è la bellezza». É, qui, mirabilmente sintetizzato l’ideale del «Kalòs kai agathòs» (in italiano la «calocagazia», ovvero «il bello e il buono»). La fondamentale unità del bello e del bene ben si comprende nell’uomo in cui non si può «esercitare l’anima senza il corpo, né il corpo senza l’anima» perché si avrebbe una persona squilibrata e non armonica. É un modello di educazione integrale, infatti, quello proposto da Platone.

 

Chi si applica alla scienza pura, o a qualsiasi altro faticoso lavoro intellettuale, deve praticare anche i movimenti del corpo, dandosi alla ginnastica; chi d’altra parte coltiva con amore il proprio corpo deve, a sua volta, farvi corrispondere i movimenti dell’anima, dandosi alla musica e alla filosofia nella sua totalità, se vuol essere chiamato – giustamente – bello davvero e buono ad un tempo.