
Come Dante ha concluso la
Commedia, così anche Petrarca terminerà il suo capolavoro con un inno alla Vergine Maria. Il
Rerum vulgarium fragmenta, più conosciuto come
Canzoniere, è una sorta di breviario laico, composto di trecentosessantasei poesie, come fossero preghiere dedicate alla sua Madonna Laura,una per ciascun giorno dell’anno. La lode alla Vergine che conclude l’opera è segno di omaggio al Sommo poeta, senz’altro, ma ancor più di indefettibile amore per Maria. Anche il percorso del
Canzoniere appare salvifico, in un certo modo simile a quello della
Commedia. Dalla situazione di difficoltà di «Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono», dal perenne struggimento interiore per l’incapacità di rivolgersi definitivamente al bene l’autore passa, così, all’affidamento del proprio male e della propria malinconia a Colei che volentieri viene in nostro soccorso. È una traiettoria di ascesi, delineata in maniera inaspettata, perché noi tutti, che abbiamo letto le poesie in cui l’autoascultazione e il compiacimento per la propria situazione sembrano trionfare sull’adesione al bene e al vero, mai ci saremmo aspettati una conclusione così consapevole e perentoria, una posizione così categorica che sembra sconfiggere e annichilire ogni accidia e pigrizia. Certo, la bellezza sta nel fatto che questo Petrarca rinnovato e «convertito» rimane ancora tutto se stesso, con i suoi «limiti», con la sua percezione dell’esistenza, abbracciati, però, da un amore più grande.