Olivier Rey, dottore in matematica del CNRS francese, docente di Filosofia all’Università Panthéon-Sorbonne, ha presentato all’ultima edizione del Meeting per l’amicizia fra i popoli il suo ultimo lavoro: Itinerari dello smarrimento, edito da Ares. Ripercorrendo la storia della scienza e della filosofia Rey denuncia quella che Hans Sedlmayr ha chiamato «la perdita del centro», ovvero la sostituzione dell’uomo soggetto, che vive e che è mosso da domande sull’esistenza, in un oggetto da analizzare deprivato della sua natura intrinseca e del suo stupore per l’evidenza delle cose. Quando si smarrisce l’uomo, anche le più nobili discipline perdono la strada e non sono più orientate verso la loro finalità.
«La filosofia vuole spiegare la totalità delle cose, ossia tutta quanta la realtà, senza esclusioni di parti e di momenti. […] Lo scopo o il fine della filosofia […] sta nel puro desiderio di conoscere e di contemplare la verità». (Giovanni Reale). Proprio grazie alla filosofia la civiltà occidentale ha preso una direzione completamente differente rispetto a quella orientale. È stata la filosofia, grazie alle sue categorie razionali, a permettere la nascita della scienza. La scienza è nata dallo stesso sguardo di stupore nei confronti della realtà che caratterizza la filosofia. Per secoli la scienza è stata mossa dal desiderio di conoscere la verità, di scoprire la realtà e le sue leggi.
Nel tempo, «lo sviluppo delle scienze ha comportato una fitta pioggia di innovazioni tecnologiche […] generando la sensazione sempre più diffusa che la finalità della scienza consista nell’amplificazione senza limiti della sfera tecnologica e che, quindi, essa sia la fonte per la risoluzione di tutti i problemi dell’uomo» (G. Reale). Il binomio scienza/tecnica è diventato un’autorità in apparenza indiscutibile e assoluta, cioè autonoma, ma, in realtà, al servizio del potere economico. Nel Settecento è stato celebrato questo matrimonio tra una disciplina prettamente disinteressata come la scienza e un’altra strettamente applicativa come la tecnologia. Il trionfo, inutile dirlo, sarebbe stato di quest’ultima.
A detta di Rey, in epoca postmoderna l’uomo svolge spesso la funzione di strumento e mezzo del sistema senza accorgersene. Il fine diventa la produzione, quel saper fare che i Greci antichi chiamavano «tecnica». Il prassismo, il pragmatismo, la produzione hanno sostituito l’attenzione al significato, al valore, alla verità. In poche parole la tecnologia ha gradualmente rimpiazzato la riflessione e la contemplazione. Il mito dello scientismo è ormai connaturato alla cultura odierna tanto che viene considerato vero e attendibile soltanto ciò che è dimostrabile dal punto di vista scientifico secondo il metodo sperimentale.