
Si celebravano nel 2013 i centocinquanta anni dalla nascita di Gabriele d’Annunzio (1863-1938), un autore che è emblema del suo tempo e della Belle Époque e, nel contempo, corifeo di quell’esasperata ricerca edonistica che è propria dell’uomo contemporaneo. Forse per questo oggi non piace, perché è uno specchio in cui l’uomo di oggi rischia di riconoscersi. Forse per lo stesso motivo oggi è trascurato nelle scuole. Non è mai stato proposto un suo testo per la tipologia A dell’Esame di Stato. Ungaretti, Montale, Saba sono stati proposti per l’analisi di testo due, perfino tre volte in quindici anni, Primo Levi, Quasimodo, Pavese e altri una volta, d’Annunzio mai. Perché Saba sì, d’Annunzio no? Non certo ragioni artistiche possono motivare questa illustre esclusione, casomai motivazioni moralistiche o ideologiche. Per caso, il peso di Saba nella nostra storia letteraria e della cultura può essere paragonato a quello di d’Annunzio?