Maturità 2013. Prosegue il viaggio di tempi.it in preparazione dell’Esame di Stato. Dopo Giovanni Pascoli, Gabriele D’Annunzio, Luigi Pirandello, Italo Svevo, Giuseppe Ungaretti, Eugenio Montale, Umberto Saba, Salvatore Quasimodo, Italo Calvino, Giuseppe Tomasi di Lampedusa e Cesare Pavese, oggi parliamo di Carlo Emilio Gadda, di cui ricorre l’anniversario della morte. Gadda è considerato da «il maggiore scrittore italiano di pieno Novecento» non è mai stata proposto un testo alla prima prova dell’esame di Stato.
La vita
Carlo Emilio Gadda (1893—1973) è considerato da E. Gioanola «il maggiore scrittore italiano di pieno Novecento, quello in cui la lacerata condizione esistenziale dell’uomo contemporaneo ha trovato la più originale forma di espressione stilistica» e, a detta di G. Contini, è il più importante letterato che Milano ci abbia dato insieme a Manzoni e Porta.
In maniera analoga a molti letterati del Novecento il suo percorso di studi non è, però, di tipo umanistico. Dopo aver partecipato alla Grande guerra, di cui redige un diario e in cui perde il fratello, Gadda si laurea in Ingegneria e pratica la professione per una decina d’anni, finché non decide di dedicarsi alla scrittura, la sua vera passione. Per tutta la vita si sentirà fallito come ingegnere e come scrittore e, forse, percepirà «la sua vita già finita, e fallita, con la grande guerra, dove era andato con lo stato d’animo del colpevole e dell’inetto che cerca un riscatto attraverso un atto eroico, e magari attraverso la sua morte, mentre chi era morto davvero era il fratello» (Gioanola). Racconta Gadda nel Castello di Udine: «In guerra ho passato alcune ore delle migliori della mia vita, di quelle che mi hanno dato oblio e completa immedesimazione del mio essere con la mia idea: questa […] si chiama felicità». Ricorda il Contini che un giorno Gadda lo accompagnò a visitare l’altopiano di Asiago che era stato «testimone di quella sua felicità».
Il Contini che conobbe bene Gadda lo considera molto simile al Manzoni per la nevrosi anche se «della sua nevrosi Gadda non fa che discorrere. […] Della sua, Manzoni parlava il minimo indispensabile». Del resto Gadda ama l’illustre predecessore milanese, conosce molto bene I promessi sposi che si farà leggere dagli amici fino agli ultimi giorni di vita. Egli contesta l’assai diffusa visione dei Promessi sposi come libro buono «per uso di giovani un po’ tardi» e ne percepisce tutta la «tragica sinfonia».