Sotto l’Impero di Nerone (54-68 d. C.) Lucano compone un’opera epica che non celebra la grandezza del popolo e dello Stato romano, come aveva fatto Virgilio nell’Eneide (29-19 a. C.), ma che, al contrario, mostra il disastro e la rovina cui hanno portato le guerre intestine. Il titolo dell’opera è Bellum civile o Pharsalia come lo stesso Lucano la chiama nel testo. La storia racconta lo scontro tra Cesare e Pompeo, con gli spostamenti di eserciti, gli scontri, gli eventi salienti, storici o inventati, tra il 49 a. C. e il 45 a. C., quando la guerra si risolve a favore di Cesare, una volta che anche le ultime truppe pompeiane vengono sconfitte nella battaglia di Munda, in Spagna. In realtà, il racconto si interrompe prima, all’undicesimo libro, poiché Lucano, accusato di aver preso parte alla congiura pisoniana (65 d. C.), da quanto racconta Tacito negli Annales, viene costretto al suicidio, lasciando incompleta quest’opera che sarà considerata una delle più grandi dell’intera produzione latina. Lucano, morto giovanissimo a meno di trent’anni, entrerà nel novero dei geni artistici, lo stesso Dante lo collocherà tra i migliori poeti di sempre (come appare dal IV canto dell’Inferno) e si riferirà al poema lucaneo spesso all’interno della Commedia.
La Pharsalia è per certi versi un’opera antifrastica, cioè antitetica, rispetto all’Eneide. Inutile qui cercare di spiegarne tutte le ragioni. Ci interessa, per il nostro discorso, sottolineare la chiara antitesi che emerge tra l’opera virgiliana e quella lucanea riguardo alla questione dell’aldilà. Nell’Eneide, proprio nel libro VI, scendendo nell’Ade Enea arriva ad un bivio e alla sinistra c’è il Tartaro ove vede castigate le anime di quanti hanno commesso gravi delitti (contro la patria, i parenti, …) mentre sulla destra si estendono i Campi Elisi. Ivi, Enea incontrerà il padre Anchise, che gli profetizzerà la futura grandezza di Roma. Ora, nel libro VI della Pharsalia (vv. 695-770), la catabasi è ribaltata in anabasi. Un figlio di Pompeo Magno, Sesto, consulta la Maga Eritto per conoscere le sorti dell’imminente battaglia di Farsalo. Il cadavere di un soldato viene richiamato alla vita per poco tempo, quello sufficiente a raccontare il destino dei pompeiani. La Sibilla cumana dell’Eneide che accompagna Enea nel viaggio nell’aldilà è qui sostituita da un’orribile maga, proprio nei campi della Tessaglia che all’epoca sono considerati luoghi di grande diffusione della magia.