Nel clima anticlericale e anticattolico del primo Regno d’Italia la cultura dominante trova un suo illustre rappresentante nella figura di Giosuè Carducci (1835-1907) che osa satireggiare e sbeffeggiare la persona di Cristo. Nell’inno «A Satana», esaltazione del progresso, della scienza, dell’edonistica gioia di vivere, il poeta scrive:
Che val se barbaro
Il nazareno
Furor de l’agapi
Dal rito osceno
Con sacra fiaccola
I templi t’arse
E i segni argolici
A terra sparse?
In poche parole, si chiede Carducci a che cosa sia servito che i riti liturgici celebrati a memoria dell’ultima cena abbiano bruciato i templi pagani e abbiano distrutto le statue greche pagane. Nonostante la barbarie e il degrado cristiani,
Satana ha vinto.
Un bello e orribile
Mostro si sferra,
Corre gli oceani,
Corre la terra.