La nostra tradizione occidentale ha le sue radici nella cultura greca, in quella romana e in quella cristiana. Il ragionamento, la filosofia, il gusto della bellezza, etc. sono in gran parte eredità lasciataci dai Greci; il diritto, il senso dell’unità dello Stato, etc. provengono dai Romani; l’avvenimento cristiano ha, poi, introdotto una nuova concezione della persona, della civiltà, della società, etc.
Quindi, studiare la civiltà, la letteratura e la lingua latina significa conoscere le proprie radici, è un po’ come conoscere meglio un proprio genitore. Permette di cogliere ciò che accomuna l’uomo di oggi all’uomo antico e, nel contempo, introduce alla comprensione del cambiamento avvenuto nei secoli. La conoscenza del Latino illumina il linguaggio e le parole. Dai Latini, così come dai Greci, noi deriviamo la retorica, che insegna a scrivere bene, a parlare bene, a persuadere. La lettura delle grandi opere della letteratura latina, poi, da Virgilio ad Orazio, da Seneca a Cicerone (per citare solo qualche nome illustre), permette di incontrare i «grandi del passato», di confrontarci con loro, di scoprire il loro pensiero, i loro vertici artistici.
Scopriamo allora che la consapevolezza maturata dai filosofi greci sull’uomo è stata mediata nella cultura romana grazie ai circoli culturali come quello degli Scipioni (II secolo a. C.) e a figure come Cicerone (106 a. C.-43 a. C.), che porterà a Roma parte della saggezza greca attraverso la sua sterminata opera.