Nel Cinquecento l’individualismo e il trionfo dell’homo divus che cerca un’affermazione personale al di fuori dell’appartenenza al popolo sono chiare espressioni della nascita della Modernità.
Due secoli più tardi, nel Settecento, in pieno Illuminismo, l’individualismo troverà una sua esplicitazione teorica. Vedremo ora come. Il filosofo tedesco Leibniz (1646-1716) aveva affermato che viviamo nel migliore dei mondi possibili. Il terremoto di Lisbona del 1755 diventa per Voltaire (1694-1778) la più lampante confutazione di quanto sosteneva Leibniz e l’occasione per comporre il romanzo Candido. Ambientata nella Westfalia, la storia racconta di un ingenuo ragazzo, Candido, che segue le lezioni di filosofia del maestro Pangloss, chiara caricatura di Leibniz,che insegna in ogni modo che viviamo nel migliore dei mondi possibili. Candido si innamora di Cunegonda, la figlia del barone del castello in cui si tengono le lezioni. Sorpreso mentre la bacia, Candido è costretto a fuggire e con lui il suo maestro. Quando i due partono, il castello è assalito da un esercito di bulgari che trucidano il barone e gli altri abitanti del castello, con l’eccezione di Cunegonda che riuscirà a fuggire. Iniziano qui le vicissitudini e i casi sfortunati per la ragazza, per Candido, per Pangloss, che vivranno avventure diverse. Cunegonda si sposerà con un altro e poi diventerà una serva. Pangloss verrà condannato all’impiccagione, anche se si scoprirà alla fine che è scampato alla morte. Solo al termine della storia, incontratisi di nuovo, Pangloss, Candido e Cunegonda andranno a vivere in una fattoria vicino a Costantinopoli. Le vicissitudini hanno loro insegnato che è meglio coltivare il proprio giardino.