Due sono gli obiettivi della vita umana, scrive Dante nel De monarchia, la felicità in questa vita e la beatitudine nell’altra vita. Dante ha scritto la Commedia proprio per accompagnare l’uomo di ogni tempo su questa strada. Inizia oggi l’avventura del viaggio attraverso le tre cantiche.
Incipit Comedìa Dantis Alagherii, Florentini natione, non moribus. Questo è, in realtà, il titolo di una delle opere più grandi celebrate nella storia della letteratura, di quella che Charles Moeller considera l’opera più bella che ci sia in Terra, superata soltanto dalla bellezza del volto dei santi. «Comedìa» (o «commedia» nel linguaggio odierno) allude al genere letterario del capolavoro, caratterizzato sia dall’inizio difficile e dalla conclusione felice che dalla commistione di linguaggi e di toni eterogenei. Questo almeno spiega Dante nella Epistola che invia a Cangrande della Scala. L’aggettivo «divina» viene aggiunto più tardi da un’altra Corona fiorentina, quel Giovanni Boccaccio che intende così distinguere la sua commedia «umana», il Decameron, da quella ben più alta e celestiale dantesca, che oltre a rappresentare il Cielo dalla Terra riesce a descrivere la terra sub specie aeternitatis, cioè dal punto di vista dell’eterno.