Nel canto primo del Purgatorio domina la dimensione marina già sin dall’apertura, quel magnifico proemio che apre la cantica con la metafora del mare: «Per correr miglior acque alza le vele/ omai la navicella del mio ingegno,/ che lascia dietro a sé mar sì crudele». Il poeta sottolinea che il lettore affronterà argomenti meno dolorosi e tragici, perché ora si tratterà «di quel secondo regno/ dove l’umano spirito si purga/ e di salire al ciel diventa degno».
Non si udiranno più le strilla e le urla dei dannati, ma si sentiranno soavi canti modulati all’unisono dalle anime purganti. Non si vedranno più solitari e statici personaggi, mediocri o grandi nello spirito, ma sempre individualisti e tristi, bensì si contemplerà un popolo coeso, in cammino, animato dalla speranza del Cielo e, perciò, lieto. Il paesaggio che appare a Dante fin da subito è spettacolare, descritto con versi di una dolcezza e soavità uniche: «Dolce color d’orïental zaffiro,/ che s’accoglieva nel sereno aspetto/ del mezzo, puro infino al primo giro». E ancora: «L’alba vinceva l’ora mattutina/ che fuggia innanzi, sì che di lontano/ conobbi il tremolar de la marina».