Continua nel canto XXIII del Purgatorio il percorso sulla poesia intrapreso da Dante nel canto XXI. Ora la riflessione è passata dalla letteratura antica (i poemi epici di Stazio e di Virgilio) a quella contemporanea a Dante, in particolare quella comico – realistica. Lo stesso poeta fiorentino si è cimentato in componimenti giocosi, come nella tenzone con il senese Cecco Angiolieri (suo antagonista) o in quella con Forese Donati, suo amico, come tra poco vedremo.
Una moltitudine di anime, «oscura e cava» negli occhi, smunta ed emaciata nel volto tanto che le ossa sembrano perforare la pelle, procede guardando Dante e Virgilio con grande meraviglia. Sono i golosi della sesta balza del Purgatorio che sembrano portare impresso nel viso la scritta «OMO». Le due O sono i due occhi mentre la M è disegnata dal naso. Dal momento che in vita non sono riusciti a governare il vizio della gola, ora sono costretti a sentire «l’odor d’un pomo» che genera in loro un intenso desiderio di mangiare che non può, però, essere soddisfatto. «De l’etterno consiglio (cioè dalla volontà di Dio)/ cade vertù ne l’acqua e ne la pianta/ rimasa dietro» per cui le anime dimagriscono. Un’anima golosa, che Dante non riesce a riconoscere per l’aspetto così consunto, apostrofa, invece, il viandante ancora vivo che percorre le cornici del Purgatorio. La voce permette anche al Sommo poeta di identificare l’amico Forese Donati, cugino di Gemma Donati, la moglie di Dante, e fratello di Piccarda, che troveremo in Paradiso.
La seconda cantica è proprio il Regno dell’amicizia e della familiarità! Quanti sono gli amici che Dante incontra lungo il cammino e se è vero, come è vero, che il Purgatorio assomiglia molto alla Terra, vorrà dire che il poeta ha voluto sottolineare l’importanza della compagnia amicale nel viaggio della vita.