Dopo la questione dell’educazione affettiva Dante affronta subito anche quella dell’impegno politico. Potremmo anche dire che il poeta ha fin da subito sottolineato gli ambiti e i problemi fondamentali dell’umana esistenza: la «decisione per l’esistenza» (primi tre canti), la vocazione/affettività (canto V), il vivere associato (canto VI).

Nel canto VI dell’Inferno viene descritto il III cerchio, «de la piova/ etterna, maladetta, fredda e greve». A custodia delle anime si trova Cerbero, che nel Medioevo rappresenta sia l’ingordigia che le discordie civili. «Fiera crudele e diversa», provvista di tre teste, dagli occhi vermigli, dalla barba unta e atra, il mostro, mutuato dall’Eneide virgiliana, «graffia li spirti ed iscoia ed isquatra». Sono le anime dei golosi. Dante incontra qui Ciacco, soprannome che significa «porco» a designare il peccato per cui è condannato all’Inferno. Questi si presenta dichiarandosi appartenente alla città di Firenze, «ch’è piena/ d’invidia sì che già trabocca il sacco […]». Il poeta fiorentino non rivela particolare affetto per il conterraneo. Anzi, quanto è il trasporto affettivo nei confronti di Paolo e Francesca, emerso nel canto precedente, altrettanto è il distacco che trapela per Ciacco. Solo apparente è, infatti, il dolore che prova per il goloso («il tuo affanno/
mi pesa sì, ch’a lagrimar mi ‘nvita»), perché subito lo incalza con tre domande: a che punto arriveranno i fiorentini con le loro discordie, c’è qualche giusto, quali sono le ragioni che hanno disseminato l’odio nella città? Ciacco risponde con precisione e grande sintesi. Il futuro di Firenze vedrà prima la supremazia dei Guelfi bianchi, poi prenderanno il potere i neri grazie all’appoggio del Papa Bonifacio VIII. «Giusti son due, e non vi sono intesi;/ superbia, invidia e avarizia sono/ le tre faville c’hanno i cuori accesi». I tre gravi peccati che non permettono agli uomini di vivere in pace, nel rispetto reciproco e nella prospettiva di realizzare il bene comune, sono l’«amor excellentiae» (come san Tommaso definisce il desiderio di primeggiare non riconoscendo il valore altrui), l’invidia ovvero il «guardare male, con ostilità qualcuno» e la brama di denaro.