Siamo ormai giunti alla settima e ultima balza del Purgatorio, quella dei lussuriosi. Avevamo già incontrato questi peccatori all’Inferno, trascinati dalla bufera infernale, che non aveva mai sosta. Ora, le anime purganti, che devono purificare il vizio della lussuria, si trovano nelle fiamme ardenti, divise in due gruppi. In un senso procede chi ha peccato secondo natura, in direzione opposta, invece, si muovono quanti hanno peccato contro natura.
Quando si incontrano, si baciano. I primi esclamano: «Ne la vacca entra Pasifae,/ perché ‘l torello a sua lussuria corra». Gli altri: «Soddoma e Gomorra». Poi si allontanano in direzione opposta. Le esclamazioni dei peccatori eterosessuali richiamano la storia di Pasifae, moglie di Minosse, che si innamorò di un toro e fece costruire una vacca in legno per avere un rapporto carnale con lui («colei che s’imbestiò nell’imbestiate schegge»). L’espressione «Soddoma e Gomorra» richiama, invece, le vicende bibliche delle due città distrutte dal fuoco disceso dal Cielo. Alla curiosità delle anime che vogliono sapere la sua identità e la sua condizione, Dante replica che è ancora vivo e che può salire verso la cima del Purgatorio non per meriti personali, ma grazie all’intervento del Cielo. Il poeta vuole, però, a sua volta conoscere il vizio di cui si è macchiata l’anima con cui sta parlando e la sua identità. Chi risponde è Guido Guinizzelli, considerato unanimemente il maestro del Dolce Stil Novo.
Nato a Bologna all’incirca nel 1235, fu giudice nella sua città. Venne, poi, esiliato nel 1274 per motivi politici a Monselice sui Colli Euganei. Di lui si perdono notizie dopo il 1276, segno che, forse, non dovesse più essere vivo dopo quella data. Tra le venti poesie che di lui ci sono state tramandate spicca la canzone «Al cor gentil rempaira sempre amore», considerata il manifesto del Dolce Stil Novo. Ivi, Guinizzelli afferma che l’amore può prender sede solo in un cuor gentile, ovvero in un animo portato al bene. La vera nobiltà risiede in questa gentilezza d’animo. Amare una donna significa, quindi, voler il bene di lei. La poesia si conclude con una stanza che ci permette meglio di capire perché Guinizzelli sia stato posto tra i lussuriosi in Purgatorio.