dante-incontro-figheraLA SELVA OSCURA E IL BENE CHE DANTE VI HA TROVATO

Inizia a Busnago martedì 12 maggio IL VIAGGIO ALL’INFERNO presso il Collegio Sant’Antonio, via Manzoni 13.

In 4 incontri con il prof. Giovanni Fighera: 

martedì 12 maggio ore 21 L’INIZIO DEL VIAGGIO

martedì 19 maggio ore 21 LE GRANDI PASSIONI

martedì 26 maggio ore 21 I GRANDI PERSONAGGI

mercoledì 3 giugno ore 21 L’ABISSO DELL’INFERNO

 

Avvertenze per la lettura

Incipit Comedìa Dantis Alagherii, Florentini natione, non moribus. Questo è, in realtà, il titolo di una delle opere più grandi celebrate nella storia della letteratura, di quella che Charles Moeller considera  l’opera più bella che ci sia in Terra, superata soltanto dalla bellezza del volto dei santi. «Comedìa» (o «commedia» nel linguaggio odierno) allude al genere letterario del capolavoro, caratterizzato sia dall’inizio difficile e dalla conclusione felice che dalla commistione di linguaggi e di toni eterogenei. Questo almeno spiega Dante nella Epistola che invia a Cangrande della Scala. L’aggettivo «divina» viene aggiunto più tardi da un’altra Corona fiorentina, quel Giovanni Boccaccio che intende così distinguere la sua commedia «umana», il Decameron, da quella ben più alta e celestiale dantesca, che oltre a rappresentare il Cielo dalla Terra riesce a descrivere la terra sub specie aeternitatis, cioè dal punto di vista dell’eterno.

Vogliamo offrire solo un’avvertenza per la lettura. Non bastano l’apparato critico, le note, la parafrasi. Dante ci ha avvisato nel Convivio che un’opera di carattere sacro deve essere letta su quattro livelli: il letterale, l’allegorico, il morale e l’anagogico. Troppo spesso ci si limita nelle scuole a capire la lettera del testo dantesco e l’allegoria (il significato nascosto), senza la preoccupazione di intendere quello che Dante scrive per la nostra felicità (significato morale) e per la nostra salvezza (livello anagogico). Per ritornare a leggere la Commedia occorre un io che sia risvegliato e assetato di domanda di vita e di significato, che sia desideroso di «divenire del mondo esperto/ e de li vizi umani e del valore», che riscopra che la natura umana non è fatta come quella delle bestie, ma «per seguir virtute e canoscenza».