Nell’Illuminismo francese si tende ad esaltare la ragione come unico criterio di conoscenza e si esclude un concetto di ragione come apertura alla realtà totale, propria di san Tommaso. L’esaltazione della contemporaneità settecentesca che rilegge tutta la conoscenza umana secondo questo principio è la diretta conseguenza. Le epoche passate sono considerate oscure e arretrate. Il futuro riserva all’umanità un cammino di progresso verso la perfezione. L’uomo, finalmente liberato dalle catene di una tradizione effimera e menzognera, realizzerà la società nuova, un’umanità felice e perfetta. Questa convinzione approderà alla fine del secolo alla disastrosa e violenta Rivoluzione francese che imporrà con la violenza un nuovo ordine, che in realtà non è più equo del primo. La dimenticanza del peccato originale porta alla convinzione che si possa costruire una società perfetta con la ragione e il progresso o con l’esaltazione della buona natura umana.
Natura o ragione: uno dei due elementi risulta indispensabile alla realizzazione della società perfetta. Non occorre più un Dio che salvi. L’uomo può bastare a se stesso. Così, in controtendenza rispetto alla maggior parte degli illuministi francesi, nell’Emilio Rousseau affronta il problema dell’educazione partendo da questa considerazione:
Tutte le cose sono create buone da Dio, tutte degenerano tra le mani dell’uomo. Egli costringe un terreno a nutrire i prodotti di un altro, un albero a portare frutti non suoi; mescola e confonde i climi, gli elementi, le stagioni; […] nulla accetta come natura lo ha fatto, neppure il suo simile. […] Nasciamo deboli e abbiamo bisogno di forza […]. Tutto ciò che alla nascita non possediamo e che ci sarà necessario da adulti ce lo fornisce l’educazione.