La Divina Misericordia è protagonista nel canto III del Purgatorio. Non è certo un caso questa collocazione. A Dante piacciono i richiami interni, le coincidenze numeriche, mai casuali. Se nel canto III dell’Inferno era sorto il dubbio sull’infinita bontà e Misericordia di Dio, dopo aver letto l’epigrafe sulla porta, nella cantica successiva, Dante sente l’esigenza di spiegare e argomentare, di rispondere alle possibili e plausibili domande dei lettori. Costruisce, così, un canto sommo, bellissimo per intensità, per saggezza, per presenza di vere e proprie perle proverbiali. Così il dubbio sorto nel lettore nel canto III dell’Inferno, ora viene dissolto nel canto III del Purgatorio. Nel contempo, Dante coglie anche l’occasione per rispondere a quella domanda che è sorta nella mente di tutti dopo aver terminato la lettura dell’Inferno, ovvero come sia possibile che le anime incorporee sentano sofferenze corporali. Il lettore ha aspettato inutilmente fino al termine del percorso nel regno delle tenebre e del male per trovare risposta a tale dilemma. Chissà quante volte Dante nella vita di tutti i giorni, incontrando i lettori della sua somma opera, si sarà sentito porre questa domanda!