Salito all’Empireo, Dante vede la Candida Rosa, ove risiedono le anime dei santi (ciascuna seduta sul proprio scanno) che il poeta ha già in parte incontrato per grazia lungo la salita per i Cieli. Voltatosi verso Beatrice per porle domande sulla visione, il poeta trova al posto di lei san Bernardo. Leggiamo nel canto XXXI del Paradiso: «Credea veder Beatrice e vidi un sene/ vestito con le genti gloriose./ Diffuso era per li occhi e per le gene/ di benigna letizia, in atto pio/ quale a tenero padre si convene».
Grande mistico (1090-1153), san Bernardo, abate di Clairvaux (italianizzato Chiaravalle), è autore di una delle più belle preghiere mariane, quel Memorare che rappresenta il vertice della fiducia nella Madonna come corredentrice e soccorritrice dell’umanità sofferente. Tradotto dal latino, il testo suona così: «Ricordati, o piissima Vergine Maria, che non si è mai inteso al mondo che qualcuno sia ricorso alla tua protezione, abbia implorato il tuo aiuto, chiesto il tuo patrocinio e sia stato da te abbandonato. Animato da tale confidenza, a te ricorro, o Madre, Vergine delle vergini, a te vengo, e, peccatore come sono, mi prostro ai tuoi piedi a domandare pietà. Non volere, o Madre del divin Verbo, disprezzare le mie preghiere, ma benigna ascoltale ed esaudiscile. Amen». Il Memorare ci insegna la virtù della mendicanza e della preghiera.
Così come in vita Bernardo ha declamato la bellezza della Madonna, ora, santo in Paradiso, prega l’avvocata nostra, Colei che è «bellezza, che letizia/ era ne li occhi a tutti li altri santi», perché Dante possa finalmente vedere Dio, dopo la fatica di quel lungo viaggio che dalla selva oscura di Gerusalemme lo ha portato fino all’Empireo. Nell’ultimo canto del Paradiso san Bernardo rivolge un’invocazione alla Vergine Maria che è una delle preghiere più belle che Le siano state mai dedicate: «Vergine madre, figlia del tuo figlio,/ umile e alta più che creatura,/ termine fisso d’etterno consiglio,/ tu se’ colei che l’umana natura/ nobilitasti sì, che ’l suo fattore/ non disdegnò di farsi sua fattura./ Nel ventre tuo si raccese l’amore,/ per lo cui caldo ne l’etterna pace/ così è germinato questo fiore./ Qui se’ a noi meridiana face/ di caritate, e giuso, intra ’ mortali,/ se’ di speranza fontana vivace./ Donna, se’ tanto grande e tanto vali,/ che qual vuol grazia e a te non ricorre/sua disianza vuol volar sanz’ali./ La tua benignità non pur soccorre/ a chi domanda, ma molte fiate/ liberamente al dimandar precorre./ In te misericordia, in te pietate,/ in te magnificenza, in te s’aduna/ quantunque in creatura è di bontate».