La consapevolezza maturata dai filosofi greci sull’uomo sarà mediata nella cultura romana grazie ai circoli culturali come quello degli Scipioni (II secolo a. C.) e a figure come Cicerone (106 a. C.-43 a. C.), che porterà a Roma parte della saggezza greca attraverso la sua sterminata opera. Nel Somnium Scipionis, in particolare, il pensiero platonico sull’anima immortale trova una sua espressione all’interno della cultura romana. Meriterà, infatti, la Via lattea (il premio eterno) colui che avrà ben operato nei confronti della patria romana.
Pochi anni dopo la scrittura del Somnium Scipionis Virgilio darà un’altra espressione letteraria del premio delle anime dei giusti attraverso la rappresentazione dei campi Elisi nel mondo ctonio descritto nel libro VI dell’Eneide. Il protagonista Enea è il personaggio che più di ogni altro incarna la tradizione romana, il mos maiorum, la pietas ovvero la riverenza nei confronti di quanti ci sono superiori, gli dei, i genitori, il comandante, la religio ovvero la ritualità e la fides cioè la lealtà e la fedeltà. Nel contempo, si differenzia dagli altri eroi romani perché cerca la risoluzione non con la guerra, ma dapprima attraverso vie alternative, più diplomatiche e ragionevoli. Nell’Eneide Virgilio lo rende interprete del tentativo di Augusto di far scordare il tragico periodo delle guerre civili. L’Imperatore promosse quella pax che da lui avrebbe preso il nome.