La conversione è presente in tutte le opere di Manzoni, già nelle tragedie (Adelchi e Il Conte di Carmagnola) e ne Il 5 maggio, ove il protagonista si converte sempre in punto di morte, come il buon ladrone Disma nel Vangelo. La fede abbracciata anche in punto di morte apre le porte del Regno dei Cieli, ma non permette alla persona di sperimentare già in vita il centuplo quaggiù. Quindi, se da una parte l’eternità è per tutti coloro che si facciano abbracciare dall’infinita misericordia di Dio, dall’altro la possibilità di sperimentare una vita più piena, più lieta, pervasa dalla speranza, appartiene a quanti abbiano affrontato nell’esistenza il cammino della fede. Così, è un peccato arrivare a dire con l’Adelchi: «Gran segreto è la vita e nol comprende che l’ora estrema». È un peccato arrivare a riconoscere la luce del Cristo solo alla fine, quanto più bello sarebbe stato vivere in Sua compagnia!
Ne I promessi sposi incontriamo ben due personaggi convertitisi non in punto di morte, fra Cristoforo e l’Innominato. «Il padre Cristoforo non era sempre stato così, né sempre era stato Cristoforo: il suo nome di battesimo era Lodovico. Era figliuolo d’un mercante di *** […] che, ne’ suoi ultim’anni, trovandosi assai fornito di beni, e con quell’unico figliuolo, aveva rinunciato al traffico, e s’era dato a viver da signore». Sulla sessantina, porta la barba lunga e bianca, ha «due occhi incavati […] per lo più chinati a terra», che assomigliano a «due cavalli bizzarri, condotti a mano da un cocchiere, col quale sanno, per esperienza, che non si può vincerla, pure fanno, di tempo in tempo, qualche sgambetto». La descrizione rivela ancora tutto il temperamento e il carattere ardimentoso e vivace di un tempo, riconquistato e messo a disposizione, però, di un nuovo compito: la gloria di Cristo. Gesù, infatti, ci fa suoi con tutta la nostra persona, con i pregi e i difetti, così come siamo. Chi era Ludovico prima di diventare fra Cristoforo?