Le vicende autobiografiche di Pascoli sono a tutti note: a soli dodici anni perde il padre in una circostanza tragica (ucciso mentre ritornava a casa), l’anno seguente (1868) muore la madre Margherita, a detta del poeta per l’insopportabile dolore a seguito della scomparsa del marito. Segni indelebili di questi dolori e della nostalgia dei suoi cari compariranno in tutta la produzione pascoliana, in particolar modo in Myricae e nei Primi e nuovi poemetti. Insegnante di Liceo e professore universitario, Pascoli cercherà di ricostituire il nido familiare nella casa di Castelvecchio di Barga assieme alle sorelle Ida e Maria: illusione che, presto, si rileverà vana.

Di colui che è stato uno dei più grandi poeti italiani contemporanei si leggono e si studiano i componimenti legati alla morte del padre («X agosto», «La cavallina storna») o quelli che descrivono la campagna («Novembre», «Lavandare», «Arano», «L’assiuolo») o la natura («Temporale», «Tuono», «Lampo») o ancora quelli che vagheggiano la dimensione del ricordo dell’infanzia e della famiglia («L’aquilone», «Digitale purpurea», «Suor Virginia»).