Due sono le città italiane di cui si parla ne I sepolcri. Da un lato Milano viene descritta come la città ingrata, «lasciva/ d’evirati cantori allettatrice». Non ha dedicato al grande Parini neppure un cippo commemorativo, una lapide che distinguesse le sue ossa da quelle di tutti gli altri, perfino di quanti hanno danneggiato la società («il ladro/che lasciò sul patibolo i delitti»). Tra le tombe, una cagna famelica e raminga raspa in mezzo alle macerie per cercare delle ossa da rosicchiare. In mezzo alle rovine, illuminate dalla Luna piena, spiccano un teschio e un’upupa che svolazza da una croce all’altra. In un luogo così macabro e desolato nessuno potrebbe piangere sulla tomba del meritevole Parini. E senza il pianto dei mortali non sorgeranno mai i fiori. Foscolo ha rappresentato qui un’originale squarcio sepolcrale secondo un gusto gotico già pienamente romantico.