Emmanuel Mounier (1905-1950) è un grande intellettuale cattolico francese, cui si deve la pubblicazione della rivista Esprit e dell’opera Il personalismo (1949). È uno dei maggiori interpreti del Personalismo, che non è una filosofia, a suo dire, ma si batte contro «tutto ciò che si oppone alla realizzazione del compito personale. Si caratterizza in tal modo polemicamente come “anti-ideologia”». Così, proprio nel secolo dominato dall’individualismo e dalle ideologie, Mounier riflette sul fatto che l’uomo non è un individuo solo e irrelato, isolato e autoreferenziale, né tantomeno un ingranaggio del sistema o una marionetta gestita da un apparato ideologico, ma è persona in relazione con gli altri uomini e con Dio.
Le lettere di Mounier ci documentano la viva esperienza della presenza di Cristo nella sua vita. Pochi testi letterari sono una testimonianza così limpida della verifica del «centuplo quaggiù», di quello sguardo nuovo sulla realtà che non è l’eliminazione dei problemi o della sofferenza, ma si traduce in quella «perfetta letizia» di cui parla san Francesco. Allora anche il male può essere guardato diversamente. Il mistero del dolore, della sofferenza e della malattia trova solo in Cristo una plausibile risposta.
Il 25 maggio 1928, rivolgendosi a J. Chevalier, in seguito alla morte di un amico, scrive: «Il giorno della morte del mio amico […] ha portato in primo piano, tra i miei pensieri, tutto il dramma di una vita che aveva in sé il dramma di una famiglia, di una generazione, di un’umanità. Ne ho ricevuto un tale arricchimento che, nonostante l’irreparabile, ci sono delle ore e delle settimane che non vorrei non aver vissuto. E penso che sia proprio questo che manca soprattutto a quelle anime tronfie di professori: il sacrificio accettato spontaneamente, o la prova, […]. La nozione stessa, la nozione concreta della miseria umana (come della sua vera grandezza): non conoscono l’ospedale se non dall’interno delle loro commissioni d’igiene».