Il delirio di onnipotenza di Enrico VIII è quanto mai attuale. «Molto moderna è anche la confusione tra legalismo e giustizia: se uno Stato approva una legge omicida, chi sceglie di avvalersene (compiendo così un atto omicida) ritiene di avere il diritto di farlo in quanto l’approvazione del governo rende quell’atto automaticamente lecito; in realtà, invece, non è che un omicidio legalizzato» (E. Sala, L’ira del re è morte). Non siamo ipocriti. Non sorprendiamoci di quanto è accaduto nel Cinquecento per poi chiudere gli occhi o, peggio, chiamare con il nome di diritto l’utilizzo dell’aborto, dell’eutanasia, del suicidio assistito. Come affermava sempre Havel basta un gesto di verità di un singolo io che abbia il cuore risvegliato e che strappi il velo della menzogna e della falsità del sistema per generare effetti imprevedibili sulla società e sulle istituzioni.
La storia di Tommaso Moro è emblematica dell’assolutismo di cui si fece portavoce il monarca inglese.
Nato a Londra nel 1478, Tommaso Moro era cresciuto con una salda cultura umanistica, nutrita dello studio del Latino, del Greco, della Filosofia, del Francese, nonché delle discipline del quadrivio. Divenuto avvocato nel 1501, si sposò nel 1504 con Jane Colt, da cui ebbe quattro figli. Poi nel 1511, alla morte della prima moglie, si risposò con Alice Middleton. Si distinse come giudice giusto, rapido ed equo, come letterato (chi non ricorda la sua Utopia del 1516). Ma ancor più, pur amando le lettere, diede la propria disponibilità al bene comune, mostrando capacità e percorrendo un rapido cursus honorum che lo portò ad entrare a far parte del Parlamento, a diventare speaker nella Camera dei Comuni, Cavaliere del regno e, infine, Cancelliere. Fu incerto se accettare la carica o meno. Sapeva bene che il re avrebbe barattato volentieri la sua testa per un castello in Francia. Pur tuttavia, il 25 ottobre giurò fedeltà al re, ma prima ancora a Dio. Seguendo i consigli dell’astuto quanto crudele Oliver Cromwell, che dall’Italia era tornato in Inghilterra con una copia del Principe di Machiavelli e una del Defensor pacis di Marsilio da Padova, Enrico VIII, non avendo ottenuto il divorzio da Caterina da Aragona, cercò di ottenere il riconoscimento in altro modo per convolare a nuove nozze con Anna Bolena. Il piano si orchestrò in pochi anni. Nel 1531 il Re perdonò il clero «suo debitore», purché lo riconoscesse unico e supremo capo della Chiesa di Inghilterra, «fin dove lo» consentisse «la legge di Cristo». Il 16 maggio Tommaso Moro diede le dimissioni con il pretesto di motivi di salute.