«Una scorribanda poetica ebbra, una corsa sulla neve e in volo, […] un’esplosione dell’io lirico antico»: così in poche parole il poeta Roberto Mussapi, curatore della collana «I poeti» per Jaca Book, definisce la nuova raccolta della poetessa Annelisa Alleva. Amante e studiosa della letteratura russa, la scrittrice è accomunata a quella grande lezione e tradizione da una passione coinvolgente che sa assaporare le pieghe più recondite del vissuto, trasmettendo i sentimenti più lieti come quelli più dolorosi, in un’ansia comunicativa che mai tradisce enfasi retorica o convenzionalità. La sua poesia sa, però, cogliere le molteplici sollecitazioni di tanti grandi contemporanei.
Vi si può leggere la lezione montaliana. Questa eco del poeta ligure non è neanche troppo nascosta, svelata in poesie come “Ho scelto dopo le scale a scendere” dove la memoria del lettore corre subito alla celeberrima poesia di Satura “Ho sceso dandoti il braccio almeno un milione di scale”. Una catabasi nella città moderna, nella metropolitana, per prendere il treno che rappresenta la vita.
Non manca, poi, la lezione del simbolismo, ben rappresentata in Italia da Pascoli. Ne è chiaro esempio “Delle mie visite in clinica”, ove le gocce di resina sul parabrezza dell’automobile sono il pianto della natura commossa di dolore per la malattia dell’amico in ospedale, come “il pianto di stelle” nella notte di San Lorenzo. Il dato simbolico si chiarisce solo in fondo alla poesia quando la poetessa chiede come “asciugare queste lacrime di resina”. Non c’è oscurità in questa poesia, ove concretezza e carnalità si sposano con l’alito dello spirito che ambisce a sollevarsi in luoghi più alti. Pensiamo al desiderio che la malattia della persona cara finisca: “Vorrei staccarti di dosso la malattia/ che ti fa piena di difetti, e che ti si è/ aggrappata alla carne come unghie”. Chiaramente Alleva si schiera fuori dalla lunga teoria di poeti che cercano l’ermetismo espressivo e la forma criptica che nasconda sentimenti, luoghi ed eventi. Alleva è per le parole chiare, non per questo semplici, parole che abbiano però il sapore dell’uomo e del vissuto.