Quando il giornalista Riccardo Caniato lo intervista sulla nascita dell’associazione Fraternità, il presidente don Mauro Inzoli racconta: «Se penso al caos totale che ha fatto seguito alla risposta spontanea e generosa degli inizi, mi rendo conto che siamo stati graziati. In quella disponibilità che non aveva limiti c’era anche tanta sconsideratezza: insieme con i minori abbiamo accolto, infatti, prostitute, ragazze madri, tossicodipendenti; persone che hanno messo a repentaglio l’incolumità delle famiglie stesse, creando problemi talvolta davvero drammatici. Attraverso queste difficoltà abbiamo preso via via coscienza che dovevamo semplicemente obbedire all’intuizione originale, alla scintilla che aveva incendiato le nostre esistenze». Qual è la genesi, dunque la scintilla, da cui nasce quest’opera?
La nascita nel 1984 e la crescita dell’associazione Fraternità sono il segno di un amore che si spalanca all’accoglienza dell’altro. Lo spunto è offerto dall’esortazione apostolica di Papa Giovanni Paolo II contenuta nella Familiaris Consortio (1981), accolta da don Giussani che negli esercizi della Fraternità nel 1982 sprona in tal senso: «Che cosa c’è di più semplice per due genitori di spalancare la porta di casa e del cuore per accogliere un bambino non concepito da loro?». Il fatto di aprire la propria casa al bisogno dell’altro nasce, quindi, da un invito rivolto dal Papa a tutta la Chiesa e che don Giussani ha raccolto e portato a tante famiglie. Così, l’iniziale idea di ritrovarsi con degli amici in una cascina per stare bene assieme si tramuta nell’iniziativa di ospitare prima ragazzi e ragazze con problemi di tossicodipendenza, poi minori. Un gruppo di persone si ritrova con don Mauro Inzoli per accompagnare e seguire la crescita dell’opera. Il numero cresce sempre più e «a un certo punto ci si è accorti che si è compiuto un miracolo. È come quando un padre prende all’improvviso coscienza che suo figlio è cresciuto e diventato adulto» (Antonio Ricciardi).