Nella tradizione giudaico-cristiana Dio ha creato il mondo. Perciò, ogni cosa creata è buona, come recita la Bibbia. Dio stesso ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza. Ciò significa che l’uomo porta impresso in sé il desiderio di Dio, che alberga nel cuore dell’uomo e che si esprime con una brama di felicità, di amore, di bene, di verità infinite. Questo desiderio e questo ardore possono trovare soddisfazione solo nell’incontro con Dio. Chiaramente la dignità dell’uomo è nobilitata proprio dal fatto che è stato creato da Dio a sua immagine e somiglianza. Da quando Dio si è fatto carne ed è diventato uomo nel figlio Gesù, non c’è più aspetto della vita, non c’è sofferenza, non c’è «capello del capo» che vadano perduti o che non abbiano senso. È bene ricordare che se da un lato sia nella tradizione giudaica che in quella cristiana è ribadita la superiorità dell’uomo sulle altre creature, dall’altro è, però, affermato sempre il rispetto per tutto il creato. La materia e il creato non sono, infatti, trattati come insignificanti, perché portano impresso il sigillo di Dio, che il Creatore vi ha collocato un po’ ovunque e così sono segno di Dio. Nel contempo, la materia, la natura e la realtà sono ben distinti da Dio. Non c’è il rischio di confondere la materia e la natura con la divinità, come avveniva spesso nelle culture e nelle civiltà precristiane e come, del resto, accade oggi spesso nelle culture neopagane contemporanee. Così, l’avvento di
Cristo porta ad una valorizzazione del creato e della persona fino a prima sconosciuti senza sconfinare nel rischio dell’idolatria o della divinizzazione della natura o dell’uomo. L’uomo è, nel contempo, superiore alla natura. Un solo uomo vale più dell’intero universo. Per questo nessun uomo deve essere perduto.
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